martedì 9 febbraio 2010
LOTITO HA SCELTO REJA
La scelta di Lotito è ricaduta su Edy Reja per lo spessore morale, per l’esperienza, per i risultati ottenuti negli ultimi cinque anni con il Napoli, per il profilo caratteriale. E’ un tecnico di buon senso, abituato a lottare e lavorare sotto pressione. Lotito s’è confrontato e ha chiesto consiglio anche a De Laurentiis, poi è andato dritto sull’allenatore goriziano, ritenuto il più adatto a calarsi in una polveriera com’è adesso la Lazio. Lotito voleva un tecnico navigato, un lavoratore, un uomo vicino alla propria filosofia. Così dovrebbe centrare l’obiettivo. Reja torna per prendersi le sue rivincite. Curiosità: nel marzo 2009, proprio la sconfitta al San Paolo con la Lazio di Rossi, gli costò la panchina del Napoli, lasciata a Donadoni. Quasi un anno dopo, Lotito è pronto a restituirgli il campionato italiano.
CHI E' REJA - Tenace e testardo, ecco chi è Edy Reja, l'allenatore coi capelli sale e pepe. Tecnico e gentiluomo. Reja in campo ha sempre usato la sua schiettezza, ha l'abitudine di parlare a quattr'occhi, è capace di arrabbiarsi e di scherzare un attimo dopo. Il calcio è la sua vita, il golf una delle sue grandi passioni oltre alla vela e alle gite in bicicletta. Adora sorseggiare il vino del Friuli, quello della sua terra. Ma anche il Malbec, quello argentino che gli piace tanto. A Grado frequenta il ristorante «Alla fortuna » , soprattutto in compagnia dell'amico Fabio Capello, quando gli impegni calcistici lasciano un po’ di tregua ad entrambi. Va pazzo per il risotto con i funghi, è il suo piatto preferito. La sua vita da allenatore è iniziata nel lontano 1979, ha totalizzato oltre 700 panchine da professionista. Edy Reja è uno degli inossidabili del calcio. Iniziò con il Molinella in serie D poi Monselice, Pordenone, Gorizia, Treviso, Mestre, Varese, Pescara e Cosenza. E ancora Verona, Bologna, Lecce, Brescia, Torino, Vicenza, Genoa, Catania, Cagliari, Napoli e l’esperienza a Spalato con l’Hajduk. Tornando nel campionato italiano si troverà di fronte tecnici come Gasperini e Di Carlo, sono suoi allievi.
LA TATTICA - In trent’anni di calcio ha utilizzato tutti i moduli. Il Napoli l’ha portato dalla serie C all’Europa scegliendo il 3- 5- 2 come riferimento: gli esterni di centrocampo erano la chiave dei suoi attacchi, dalla linea mediana si sganciava gente come Hamsik. In avanti puntava su Lavezzi e Zalayeta, la strana coppia. Nel Cagliari sganciò il tridente Langella-Zola-Suazo e si affidò al 3-4-3. Nei cinque anni azzurri si è spesso affidato al 4-4-2 o al 4-3-3. Non si è mai considerato ostaggio di un modulo fisso, ha saputo cambiare in corsa e adattarsi. Ha lavorato con la difesa a 3 uomini e a quattro. Il trequartista? Non è una figura che ha preso spesso in considerazione. «Va avanti soltanto chi dimostra di avere fegato e gambe » , ripete spesso ai suoi uomini. In carriera non ha allenato grandi campioni (a parte Zola) ma ha sempre cercato di trarre il meglio da tutti. A Cagliari riuscì a far gioco d’attacco grazie ad un tridente esplosivo; a Napoli è stato pratico e vincente ed è riuscito a riportare la società in alto. Nel calcio ci vuole «cabeza» , ci vuole la testa, lo urla in tutti gli allenamenti. La palla la chiama «la pelota, fatela girare, fatela girare!» , è abituato ad usare termini spagnoli per dar ritmo agli allenamenti. Si fa capire.
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